Maxi-polo per la fibra ottica
Con questo punto di partenza: il modello Metroweb, il gioiellino della fibra acquisita in giugno dal suo fondo per 400 milioni di euro. Gamberale non è nuovo a iniziative del genere e questa sembra solo la replica di quanto già fatto nel settore dell'energia (riunendo l'ex Enel Rete Gas, l'ex Eon Italia e la G6 un tempo di Gaz de France Suez), ma anche nel comparto dell'acqua, con la fusione di Mediterranea delle Acque con Alerion CleanPower, senza dimenticare aeroporti (per esempio Capodichino) e le rinnovabili.
Ingegner Gamberale, è la prima volta che un presidente della Cdp sale al vertice di una sua (indiretta) controllata.
È anche la prima volta che un uomo con le competenze di Franco Bassanini ricopre questo ruolo. Diciamo che è un segnale di condivisione forte del progetto da parte del più istituzionale dei nostri investitori.
Perché il modello Metroweb per i nuovi network?
Perché serve partire da un approccio concreto che valorizzi quello che di buono è stato fatto nel Paese. E in questo l'acquisto di Metroweb dal fondo Stirling Square non è stato un caso.
Ci svela un retroscena?
Tutto il dibattito sulla banda ultralarga ci ha stimolato, così come l'incoraggiamento della Cdp. Era importante riportare in mani italiane una realtà industriale di questo tipo. L'alternativa sarebbe stata lasciarla in preda a speculazione e "palleggi" finanziari vari.
Nel Nord Italia la fibra ottica non manca. Inizia per lei una campagna di shopping, magari con nuovi partner?
Penso a tante piccole Metroweb locali, per esempio in città come Bergamo, Brescia, Genova o Piacenza, dove entreremo in trattativa con le utilities del posto. Tenga conto che c'è anche tutta la fibra di Iren, la società derivante dalla fusione tra Iride (le municipalizzate di Genova e Torino) e l'emiliana Enìa. Partiremo con un lento shopping. Vorrei riuscire a costituire un paio di società all'anno. Sarebbe un buon risultato.
L'Italia sconta diverse arretratezze anche in materia di connettività. Cosa ne pensa?
Il relativo ritardo dell'Italia non ha motivazioni tecnologiche o di mercato ma dipende dalla più bassa alfabetizzazione informatica. L'Adsl può già veicolare gran parte dei servizi per l' utenze consumer, almeno fino a 20 megabit, senza contare che l'Lte avrà un ruolo centrale.
Ma così non c'è il rischio che l'Ngn resti al palo?
No, perché la spinta per la banda ultralarga, e parlo di connessioni da 100 megabit, arriverà dall'utenza business. E in queste condizioni, uno sbocco naturale potrebbe essere, in aree selezionate come i distretti industriali, un player infrastutturale puro come Metroweb che faccia gli investimenti fino alla “borchia” del palazzo e affitti la fibra spenta ai vari provider.
La sua proposta ha fatto tramontare il "tavolo" Romani.
Il tavolo Romani ha avuto un approccio più "politico" che "tecnico", e l'idea di una società mista non è ancora decollata. Credo che siano le imprese a dover fare i progetti, ma sono convinto che il ministro dell'economia non potrà che vedere con benevolenza questa iniziativa.
Cosa ne pensa dell'operato dell'Agcom sull'Ngn?
È partito da un approccio troppo "dirigista", ma il segretario generale Roberto Viola, a Capri, sembra aver fatto intendere che ci sarà un cambio di direzione: non più una regolazione a priori, ma norme chiare per favorire il mercato.