Vito Gamberale (Olycom)
Il re della banda larga, come qualcuno (più o meno benevolmente) lo
ha già soprannominato, è uscito allo scoperto. È Vito Gamberale, numero
uno del fondo infrastrutturale F2i, il manager di lungo corso già
amministratore delegato, tra le altre cose, della vecchia Sip, il
superstite vittorioso di diverse ere industriali che venerdì scorso,
chiudendo l'annuale convegno di Capri sulle tlc organizzato da Between,
ha messo sul tavolo un carico da novanta: la proposta di portare «con
gradualità e assecondando il passo del mercato», la banda ultra larga
anche in Italia.
Con questo punto di partenza: il modello Metroweb, il gioiellino
della fibra acquisita in giugno dal suo fondo per 400 milioni di euro.
Gamberale non è nuovo a iniziative del genere e questa sembra solo la
replica di quanto già fatto nel settore dell'energia (riunendo l'ex
Enel
Rete Gas, l'ex Eon Italia e la G6 un tempo di Gaz de France Suez), ma
anche nel comparto dell'acqua, con la fusione di Mediterranea delle
Acque con Alerion CleanPower, senza dimenticare aeroporti (per esempio
Capodichino) e le rinnovabili.
Sull'Ngn molto è stato detto e dopo tanto parlare arriva un progetto
che ha già incassato il via libera di Telecom e di Confindustria Asstel.
Una mossa che non giunge inaspettata, come lo stesso Gamberale conferma
in questa intervista al Sole 24 Ore, ma che parte da una trama
industriale tessuta con attenzione, spostando l'asse politico di ogni
iniziativa sulla fibra dal defunto tavolo Romani all'indirizzo del
ministro
Giulio Tremonti,
visto che la Cassa Depositi e prestiti è partner di pregio proprio di
F2i e che il suo numero uno, Franco Bassanini, è il presidente di
Metroweb.
Ingegner Gamberale, è la prima volta che un presidente della Cdp sale al vertice di una sua (indiretta) controllata.
È anche la prima volta che un uomo con le competenze di Franco
Bassanini ricopre questo ruolo. Diciamo che è un segnale di condivisione
forte del progetto da parte del più istituzionale dei nostri
investitori.
Perché il modello Metroweb per i nuovi network?
Perché serve partire da un approccio concreto che valorizzi quello
che di buono è stato fatto nel Paese. E in questo l'acquisto di Metroweb
dal fondo Stirling Square non è stato un caso.
Ci svela un retroscena?
Tutto il dibattito sulla banda ultralarga ci ha stimolato, così come
l'incoraggiamento della Cdp. Era importante riportare in mani italiane
una realtà industriale di questo tipo. L'alternativa sarebbe stata
lasciarla in preda a speculazione e "palleggi" finanziari vari.
Nel Nord Italia la fibra ottica non manca. Inizia per lei una campagna di shopping, magari con nuovi partner?
Penso a tante piccole Metroweb locali, per esempio in città come
Bergamo, Brescia, Genova o Piacenza, dove entreremo in trattativa con le
utilities del posto. Tenga conto che c'è anche tutta la fibra di Iren,
la società derivante dalla fusione tra Iride (le municipalizzate di
Genova e Torino) e l'emiliana Enìa. Partiremo con un lento shopping.
Vorrei riuscire a costituire un paio di società all'anno. Sarebbe un
buon risultato.
L'Italia sconta diverse arretratezze anche in materia di connettività. Cosa ne pensa?
Il relativo ritardo dell'Italia non ha motivazioni tecnologiche o di
mercato ma dipende dalla più bassa alfabetizzazione informatica. L'Adsl
può già veicolare gran parte dei servizi per l' utenze consumer, almeno
fino a 20 megabit, senza contare che l'Lte avrà un ruolo centrale.
Ma così non c'è il rischio che l'Ngn resti al palo?
No, perché la spinta per la banda ultralarga, e parlo di connessioni
da 100 megabit, arriverà dall'utenza business. E in queste condizioni,
uno sbocco naturale potrebbe essere, in aree selezionate come i
distretti industriali, un player infrastutturale puro come Metroweb che
faccia gli investimenti fino alla “borchia” del palazzo e affitti la
fibra spenta ai vari provider.
La sua proposta ha fatto tramontare il "tavolo" Romani.
Il tavolo Romani ha avuto un approccio più "politico" che "tecnico",
e l'idea di una società mista non è ancora decollata. Credo che siano
le imprese a dover fare i progetti, ma sono convinto che il ministro
dell'economia non potrà che vedere con benevolenza questa iniziativa.
Cosa ne pensa dell'operato dell'Agcom sull'Ngn?
È partito da un approccio troppo "dirigista", ma il segretario
generale Roberto Viola, a Capri, sembra aver fatto intendere che ci sarà
un cambio di direzione: non più una regolazione a priori, ma norme
chiare per favorire il mercato.