Ormai sono anni che si parla di “disdire Telecom Italia” per “diventare clienti di un altro operatore”. Ma c’è davvero convenienza a farlo, oggi? Quando ci si abbona ad altri provider, si lascia davvero l’ex monopolista? So che ora qualcuno vivrà questa mia opinione come una coltellata, ma la risposta purtroppo è questa: no. Perché? Arrivo.
Primo: per avere a casa un servizio, sia esso telefonico e ADSL, solo telefonico o solo ADSL, un doppino telefonico in casa deve arrivarci. Tolti gli sporadici casi di WiMAX, tolte le poche realtà che utilizzano il WiFi, se si vuole un servizio affidabile, non soggetto a restrizioni e cap di nessun genere, con un uptime il più elevato possibile, non ci sono alternative: serve un doppino.
E i cavi multicoppia che raggiungono le case, gli uffici e gli esercizi commerciali, mi spiace ricordarlo ma è così, sono tutti di Telecom Italia. Che ha impostato (arrotondo per comodità) a 8 euro/mese la cifra che vuole incassare per mettere a disposizione tale doppino, qualunque sia la formula commerciale con cui lo si impiega, compreso anche l’essere suoi stessi clienti: la linea base di Telecom costa infatti 16 euro al bimestre, cioè 8 euro al mese.
Secondo: la (discutibilissima e biasimevole, a mio personale avviso, per molte ragioni) tendenza ad abbandonare del tutto la linea fissa in favore di sole utenze cellulari porta – erroneamente – a ritenere che un’eventuale necessità di un’ADSL flat, senza alcun limite (le altre formule non sempre sono davvero flat, come ben sanno i lettori, specie in assenza di ADSL), possa essere soddisfatta servendosi di un qualsiasi provider Internet che la fornisca indipendentemente da Telecom, anche senza servizio telefonico.
Il che, come già inizia ad esser chiaro, è un altro errore perché verrà recapitata su cavi Telecom, dunque costerà un importo pari al servizio Internet più il costo del doppino, che il provider scelto pagherà a Telecom addebitandolo al cliente in forma più o meno esplicita e facendoci spesso un pò di “cresta”, magari giocando con l’IVA, oppure facendone scomparire il costo dietro al tipico specchietto per le allodole, battezzato spesso all-inclusive.
Provate a chiedere a un provider qualsiasi che si professi anche telefonico (e non solo Internet) se vi fornisce il solo servizio telefonico, senza alcun servizio Internet: non lo troverete mai, perché se fornisse servizio con queste caratteristiche, dovendo comunque attivarvi una linea ADSL per recapitarvi servizio telefonico tramite VoIP, avrebbe profitto negativo, dal momento che delle vere e proprie centrali telefoniche in senso stretto (esclusa Telecom Italia) non le ha praticamente nessuno.
Oggi, per un provider telefonico come Telecom Italia o come i grandi provider alternativi basati su VoIP (Fastweb, Eutelia e simili), il traffico telefonico nazionale e buona parte di quello internazionale ha costo poco più che zero: le centrali sono sempre interconnesse, 24 ore su 24, che vi siano conversazioni in atto o meno perché gran parte del traffico, anche se l’utenza non se ne avvede e non lo sa, passa per il Voice over IP, specie quando internazionale. Per Telecom, che ha centrali vere, vale lo stesso: le centrali sono interconnesse tramite la loro rete nazionale ATM, sempre, 24 ore su 24, che si parli o meno.
Tutti i provider telefonici “alternativi”, a differenza di Telecom, hanno proprie centrali VoIP (e non tradizionali) interconnesse con la rete fissa di Telecom. La differenza è che le hanno nella propria sede, anziché avere centrali disperse in tutto il territorio nazionale. Dunque, per recapitare il servizio telefonico al cliente, hanno indispensabile bisogno di una linea Internet a casa del medesimo. Neanche Fastweb se la cava: le realtà urbane raggiunte dal cablaggio in fibra, proprio dell’azienda, sono ben poche, tutto il resto è raggiunto tramite doppini tradizionali.
Infatti, se si esamina l’offerta ParlaCasa di Fastweb (tra le poche contrattualmente configurabili come solo telefoniche), si noterà che – tralasciando il prezzo promozionale per un anno di 9,95 euro al mese – ha un costo di 19,90 euro al mese. Togliendo gli 8 euro che Fastweb deve pagare a Telecom per il doppino, restano 11,90 euro / mese di profitto fisso con cui l’azienda offre servizio telefonico. Ma si deve anche notare:
- che il traffico voce nazionale è tutto incluso perché, come detto sopra, per l’azienda ha costo prossimo allo zero e la sua offerta è l’unico modo per giustificare il profitto di 11,90 euro / mese che l’azienda vuole realizzare, il cui scopo parallelo è anche l’ammortamento del costo dell’indispensabile DSLAM di accesso – proprio o noleggiato da Telecom che sia – con cui l’utenza viene erogata.
- che Internet non è assente dall’offerta (ovvio, la connettività IP c’è comunque, per far arrivare servizio telefonico): è semplicemente tariffata “al giorno”. Ci si connette una prima volta nella giornata, si paga 1,90 euro e si naviga tutto il giorno. Quando non ci si connette, naturalmente, non accade che “Internet resta staccata”: la Rete deve esserci, altrimenti non arriva neanche servizio telefonico. Dunque, si tratta di un costo che, quando viene incassato, rappresenta quasi esclusivamente un sostanzioso profitto.
«Ma io non parlavo di Fastweb. Parlavo di un’utenza alternativa di sola ADSL», dirà qualcuno. Certo, certo. Di Fastweb ho parlato solo per esporre qualche meccanismo “dietro le quinte”, che ora farà capire più facilmente perché tutta questa convenienza a “lasciare Telecom” sia una pia illusione, cioè l’ennesimo specchietto per le allodole che può trovare giustificazione solo in pochissimi ambiti.
Paragone diretto, semplice, di pochi elementi. Presupposto: voglio una linea telefonica normalissima, a traffico, perché voglio poter ricevere le chiamate da rete fissa, però voglio Internet flat 24 ore su 24.
Possibilità:
- linea telefonica Telecom Italia (8 euro / mese) + Alice standard (20 euro / mese) = 28 euro / mese + eventuale traffico telefonico uscente, oppure
- ADSL ULL di chiunque (esclusi i “grandi” di prima) a circa 20 euro / mese + costo doppino, a 8 euro + profitto / cresta del provider, e un’utenza VoIP senza canone, per esempio EuteliaVoIP, Messagenet o simili. Costo totale: minimo 28 euro.
Dov’è la differenza?
A questo punto, per scegliere una soluzione ULL rispetto a una tradizionale ci sono ben poche ragioni. Tra queste, quella più evidente è il rapporto con l’azienda: più l’operatore è grande ed economicamente possente, meno (= per nulla) si riesce a parlarci, c’è sempre lo stramaledetto call center di mezzo. Più l’operatore è piccolo (e serio), più è possibile avere un contatto umano con un essere vivente in carne e ossa, appartenente all’azienda, con cui si riesce a parlare in caso di guasti o problemi di qualsiasi natura. Il prezzo da pagare è un costo mensile leggermente superiore a quello dell’accoppiata Linea Telecom base/Alice base flat.
Conclusione:
- Lasciare Telecom Italia davvero e definitivamente è impossibile, anche con l’ULL. Se ciò che si voleva era non dar più soldi a Telecom, l’obbiettivo è mancato in ogni caso.
- Ritirarsi a “vita solo mobile”, dotandosi solo di cellulare, non risolve il problema: l’interazione con la rete fissa si avrà comunque e Telecom guadagnerà comunque, specie da clienti TIM. Con lo svantaggio che chi è raggiungibile solo tramite cellulare avrà relazioni sociali telefoniche molto più ristrette, perché chiamare un cellulare costa di più, c’è poco da fare, qui non funziona come negli Stati Uniti dove a parità di area code (il nostro ex prefisso) chiamare un fisso o un cellulare ha lo stesso costo.
Facendone esclusivamente un fatto di mera convenienza, siete ancora convinti di voler “lasciare” Telecom Italia?
Marco Valerio Principato
si caro Principato é una questione di Principio… Io sto con Eutelia.
I Toscani sono affrancati da telecom grazie alla regione toscanache ha preso accordi con il WiFi EUTELIA.
Sostanzialmente hai palesato l’amara verità del Monopolista incubond italiano.
Aggiungici pure che tale vessazione del legame a doppino serve per pagare le banche e gli stranieri ispaniciamericani mantenendo il paese sotto digitaldivide
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