STEFANO CARLI
«Sono convinto che per Italtel ci sia un futuro. Tanto più dopo aver sentito al Mobile World Congress di Barcellona i capi delle maggiori telecom europee, da Telefonica a Vodafone a Telecom Italia, puntare il dito contro le Internet company e i servizi "over the top" e tutti quelli che consumano banda utilizzando le reti gratis. Perché questo significa che ora la sfida è di riportare intelligenza dentro le reti. E questo è esattamente il nostro lavoro». «E’ qui che possiamo mettere sul tavolo competenze di eccellenza a livello internazionale». Stefano Pileri è dallo scorso settembre amministratore delegato di Italtel. E Pileri di reti se ne intende: è stato per anni il responsabile di quella di Telecom Italia. Ed è anche presidente di Confindustria Servizi innovativi e tecnologici e in quella veste ha presentato l’anno scorso un piano che dettagliava settore per settore i risparmi che l’adozione massiccia di Ict avrebbe portato nel sistema economico italiano, a partire dalla pubblica amministrazione: un media di 30 miliardi di euro l’anno.
Italtel è uno degli ex gioielli delle tlc italiane. "Ex" perché tra gli anni Ottanta e Novanta Italtel era davvero un caso di eccellenza. Aveva ridisegnato la rete di Telecom Italia fino a farne una delle più efficienti tra quelle delle grandi telecom occidentali di quegli anni. E aveva imboccato tra i primi la via della trasformazione Voip di quella stessa rete, dando a Telecom il primato di essere tra i primi ad avere un backbone di trasporto interamente organizzato secondo il protocollo Ip, con tutti i vantaggi immaginabili in termini di uso efficiente della banda, qualità dei risultati e anche minori costi di gestione. Poi, sono però arrivati gli anni delle strategie opache. Gli investimenti di Telecom sulla sua rete sono andati calando di pari passo con le scalate che subiva e che ne appesantivano il debito, il boom di Internet e delle Internet company e solo l’ingresso di Cisco nel capitale, accanto a Telecom, ne ha garantito la sopravvivenza, anche se in termini minimali. A fine 2010 Italtel è una realtà da 1800 addetti e da 420 milioni di fatturato. Negli ultimi dieci anni il suo primo problema è stato quello di distaccarsi da Telecom Italia quanto a ordini. Ce l’ha fatta ed è riuscita a sopravvivere. Solo che accanto ai giganti delle reti, la stessa Cisco o Ericsson, AlcatelLucent o NSN, ossia NokiaSiemens Network, per non parlare dei cinesi Huawei o Zte, è oggettivamente un nano.
Ma ora le cose potrebbero tornare a girare per il verso giusto. I grandi gruppi multinazionali si sono dissanguati parecchio in una guerra combattuta a colpi di acquisizioni di volumi per poter ridurre margini e prezzi mentre Italtel si è invece rinvigorita con una iniezione di risorse fresche e anche un ritocco alla governance. A settembre c’è stata una ricapitalizzazione per 70 milioni sottoscritti da Telecom Italia e Cisco: l’operazione non ha toccato la ripartizione azionaria, che vede sempre al primo posto il fondo di private equity americano Clayton Dubilier & Rice con il 48,7%, seguite da Telecom e Cisco, entrambe poco sotto il 20%. Si è infatti trattato di azioni privilegiate, che hanno però rafforzato i diritti di voto dei due soci "tecnici", che nel nuovo Cda esprimono 2 consiglieri entrambi mentre uno solo spetta al fondo CD&R. Il consiglio è poi completato da due consiglieri indipendenti esecutivi, lo stesso Ad Pileri e il presidente Umberto De Julio, e da due indipendenti non esecutivi . A questo si aggiungono nuove linee di credito per circa 350 milioni a sostegno del nuovo piano industriale. Italtel si trova insomma adesso in una congiunzione astrale e economica favorevole.
«Oggi abbiamo quattro punti di forza spiega Pileri Il primo è costituito dalle Ngn, le reti di nuova generazione. Progettiamo reti complesse con grandi router, centralini Ip reti per videoconferenza. Gran parte con tecnologia Cisco, sulla quali aggiungiamo le nostre competenze software. E’ qui che facciamo la gran parte de nostri ricavi, circa 250 milioni sui 420 totali. Abbiamo lavorato sulle dieci maggiori reti italiane. Abbiamo fatto quelle di Eni, Enel, Poste. Quella di Unicredit con Fastweb, quella di IntesaSanPaolo con Telecom, quella di Mps con Wind».
«Il secondo business prosegue Pilieri è quello degli Ims, Ip Multimedia Systems, ed è quello che rappresenta il futuro e che già oggi assicura una quota di ricavi intorno agli 80 milioni. Al terzo posto c’è un’attività più tradizionale, quella che possiamo definire di System Integrator: realizziamo piattaforme per grandi aziende e per la pubblica amministrazione. Sono soprattutto piattaforme che riguardano la gestione della sicurezza dei dati e il nostro compito qui è di integrare hardware e software in base alle esigenze delle aziende clienti. Oggi questa attività vale circa 50 milioni. Il quarto comparto è invece anch’esso nuovo e potenzialmente di grande sviluppo, anche se qui la concorrenza è forte e già consolidata: si tratta della gestione di reti in outsourcing. Qui la prima nel mondo a muoversi è stata Ericsson: noi abbiamo per ora in gestione parti della rete Telecom e di Poste ma stiamo cercando di andare all’estero e abbiamo importanti colloqui in corso. Oggi questo business vale sui 40 milioni annui di ricavi».
Questa la fotografia. Nel divenire i progetti di Pileri, e del presidente Umberto De Julio, si sono dati due obiettivi di massima: in tre anni portare i ricavi a 520 milioni e aumentare la quota di fatturato estero dall’attuale 30 al 40%. E il cuore di questa strategia si chiama appunto Ims. In parole semplici, l’Ims è la tecnologia che permette di gestire gli standard qualitativi di una rete di Tlc. Il funzionamento classico delle applicazioni che utilizzano il protocollo Ip è quello del "best effort" ossia il miglior risultato di volta in volta possibile. Va bene per l’Internet classica, fatta di documenti, foto e anche musica. Molto meno bene quando si passa ai video: l’esempio è il classico video su YouTube: bassa qualità e bassa definizione. Già a guardare quei video a tutto schermo di un pc, quindi sicuramente sotto i 20 pollici, si soffre ed è meglio mantenere il riquadro piccolo. Impensabile usarlo per video di qualità e soprattutto per video da portare attraverso Internet sui televisori degli utenti o sugli schermi di postazioni aziendali per fare videopresenza, ossia la videoconferenza di alta qualità. Per fare questo serve una rete intelligente, in grado di gestire il viaggio del segnale e garantire i livelli di qualità richiesti. E non solo su una singola rete telefonica: bisogna anche fare in modo che i diversi sistemi delle diverse reti sappiano gestire lo stesso livello di qualità. «E’ qui che abbiamo un reale vantaggio su molti dei nostri competitor afferma Pileri E è su questo che abbiamo costruito la nostra migliore complementarità con Cisco e su cui contiamo per guadagnare posizioni in questo mercato che si sta aprendo. I servizi per gli utenti privati basati sul cloud, tutti i media digitali, video, news, giornali su tablet, smartphone e sui televisori, e i servizi per le aziende, hanno bisogno di banda e di qualità garantita. E questo serve anche alle telecom. Il loro rischio è quello di diventare delle dumb pipes, dei puri trasportatori di bit, gestori di tubi "stupidi". Riportando intelligenza nelle reti rientrano in partita».
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