La terra e il senso del limite di Carlo Petrini
Una sistematica distruzione del paesaggio e delle aree a produzione agricola, per inseguire l’industrializzazione del modello agricolo: grandi quantità, uniformità, concentrazione e priorità alle esigenze di chi vende piuttosto che a quelle di chi coltiva e consuma.
Un concetto fondamentale, rispettato per secoli, era il governo del limite: fino a un certo punto si poteva sfruttare la terra, trarne beneficio, ricavarne ricchezza. Oltre no. Questo limite è stato infranto, abbattuto, anzi peggio, dimenticato.
Aver trasferito la logica industriale all’agricoltura è stato un paradosso. La produzione industriale di cibo è il primo responsabile del disastro ambientale attuale. Sono stati distrutti ecosistemi, inquinate falde acquifere, distrutta la biodiversità.
E il paradosso è che, anche da un punto di vista economico, il valore prodotto è diminuito. Ma la terra è il nostro domani. E l’agricoltura può rappresentare una via d’uscita dalla crisi. Se ne sono accorte alcune avanguardie politiche. Come il nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che nel suo programma per l’agricoltura ha voluto incoraggiare tramite detassazioni e finanziamenti agevolati i giovani a diventare agricoltori; incentivare l’agricoltura locale, sostenibile e biologica; promuovere le energie rinnovabili; assicurare la copertura della banda larga nelle aree rurali; migliorare le infrastrutture nelle campagne ed estendere l’obbligo di indicare l’origine degli alimenti in etichetta.
E se ne sono accorti i grandi speculatori, che, in questi momenti di crisi, guardano alla terra, alla natura, alle risorse rinnovabili e alla produzione di cibo come quell’economia reale a cui aggrapparsi e fanno a gara per accaparrarsele.
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